Biografia di padre Charles-Eugène de Foucauld

UNA VITA PARADOSSALE

Biografia essenziale

Nascita, infanzia, adolescenza

  • Il visconte Charles-Eugène de Foucauld nasce il 15 settembre 1858, a Strasburgo, da una famiglia di nobili, il cui motto è «Mai ritirarsi!».
  • I genitori muoiono, a breve distanza di tempo, nel 1864. Charles e sua sorella Maria vengono affidati al nonno materno, un colonnello, buono ma debole.
  • Studia a Nancy e poi a Parigi, dove ottiene il baccalaureato. Intende entrare nella Scuola Militare di Saint Cyr ma, giudicato pigro e indisciplinato, è respinto. Verso i sedici anni, perde la fede.

Vita militare (1876-1881)

  • Entra nella Scuola Militare di Saint Cyr. Nel 1878, morto il nonno, eredita una fortuna, che dilapiderà. Alla Scuola conduce una vita da festaiolo. E’ indisciplinato (abbandona la posizione di sentinella) ed eccentrico (si traveste da mendicante…).

  • Nel 1879 si lega a una ragazza di dubbia reputazione, Mimi.

  • Nel 1880, quando il suo reggimento è inviato in Algeria, porta con sé Mimi facendola passare per sua moglie.

  • Quando, scoperto, rifiuta di rimandarla indietro, viene sospeso dal servizio e torna a vivere in Francia. Ma quando, poi, viene a sapere che il suo reggimento è impegnato in una pericolosa missione in Algeria, abbandona Mimi e raggiunge i suoi commilitoni. Per alcuni mesi si rivela un ottimo ufficiale.

I viaggi di esplorazione (1882-1886)

  • Sedotto dall’Africa, nel 1882 si stabilisce ad Algeri, impara l’ebraico e l’arabo.

  • Dal giugno 1883 al maggio 1884 visita clandestinamente il Marocco, travestito da rabbino. Rischia la vita più volte. Rimane impressionato dalla fede dei musulmani.

  • Nel 1886, dopo un viaggio nelle oasi del Sud algerino e tunisino, rientra in Francia, pubblica un rapporto sulla sua ricognizione del Marocco, ricevendo la medaglia d’oro dalla Società Francese di Geografia. Vive molto sobriamente. Entra nelle chiese e ripete questa preghiera: “Mio Dio, se ci sei, fa’ che io ti conosca”.

La conversione (1886-1889)

  • Nell’ottobre del 1886 entra in una chiesa, a Parigi, per chiedere all’abate Huvelin delle lezioni sulla religione. Il santo sacerdote, che poi diventerà suo direttore spirituale, gli intima di inginocchiarsi e di confessarsi. L’orgoglioso visconte vorrebbe ribellarsi, ma piega le ginocchia e riceve l’assoluzione. Si accosta poi alla comunione. La sua ricerca ha raggiunto la meta.

  • Alla fine del 1888 va in Palestina. Qui visita i luoghi santi e ripercorre il cammino fatto da Gesù per città e villaggi. Rientra in Francia, regala tutti i suoi beni alla sorella e cerca un ordine religioso in cui entrare. La Trappa gli sembra la miglior decisione per «vivere la vita nascosta dell’umile e povero operaio di Nazareth».

La vita religiosa (1890-1897)

  • Il 16 gennaio 1890 entra nella Trappa di Nostra Signora delle Nevi, in Francia. Poi parte per una Trappa ad Akbès, in Siria. Qui trascorre sette anni. Ma questo genere di vita non lo soddisfa, perché non gli sembra che favorisca l’imitazione di Gesù a Nazareth. «Anelo a Nazareth”, scrive. Comprende che, non il monastero, ma la vita nascosta di Nazareth è il modello della sua spiritualità. Chiede di essere dispensato dai voti. Nell’ottobre 1896 viene inviato a Roma per completare gli studi.
  • Nel gennaio 1897 l’abate generale dei Trappisti lo lascia libero di seguire la sua vocazione.

Nazareth (1897-1900)

  • Dal mese di marzo 1897 è a Nazareth, dove si impiega come domestico delle Clarisse. Rifiutando la casetta del giardiniere, sceglie una baracca di legno nell’orto del convento, che serviva da ripostiglio. Ne fa il suo eremo. A Nazareth vive un periodo decisivo, da eremita contemplativo, nel nascondimento, nel silenzio, nella povertà assoluta. A poco a poco, la madre superiora delle Clarisse lo convince a intraprendere una missione più importante da compiere e lo invita a diventare sacerdote. Egli alla fine accetta, per diventare «più simile a Gesù, sacerdote come lui per le pecore senza pastore”.

  • Rientrato in Francia, il 9 giugno 1901 è ordinato prete.

Beni-Abbès e i viaggi fra i Tuareg (1901-1906)

  • Torna in Africa e decide che “Nazareth” poteva essere qualsiasi altro luogo. A Beni-Abbès, in Algeria al confine col Marocco, costruisce un romitaggio per fondarvi una fraternità di monaci, “Piccoli Fratelli” che vivano tra i poveri, in spirito di servizio. E l’unico sacerdote nel giro di 400 chilometri. Assiste pastoralmente i soldati francesi della guarnigione, ma vive e veste come gli arabi circostanti. Ciò che unicamente lo distingue è un rosario legato alla cinta e un simbolo – da lui stesso ideato: – un cuore rosso sormontato da una croce – cucito sul petto. Il suo scopo. non è convertire gli arabi, ma assicurare una presenza cristiana in mezzo a loro.

  • Nel 1905 intraprende diversi viaggi fra i Tuareg. Informa amici e autorità sul dramma della schiavitù. Riscatta diversi schiavi. Per loro scrive un catechismo e traduce il Vangelo.

  • Nel 1906 un compagno si unisce a lui. Ma molto presto frère Michel cade malato e riparte.

Tamanrasset e tre viaggi in Francia (1907-1916)

  • Si unisce al colonnello Laperrine, un tempo suo compagno di vita militare, in una spedizione verso il Sahara interno. Scopre la desolata regione dell’Hoggar, un’arida valle circondata da montagne vulcaniche. Stabilitosi nel 1907 a Tamanrasset, intraprende un enorme lavoro sulla lingua dei Tuareg, sui loro canti e le loro poesie. I frutti della sua ricerca sono raccolti in un imponente dizionario tuareg.

  • E’ il solo cristiano. Gli è proibito celebrare l’eucaristia. Ma sceglie di restare «per gli uomini”. Dopo sei mesi, riceverà l’autorizzazione a celebrare da solo, e a costruirsi un tabernacolo per custodire il santissimo sacramento.

  • Nel gennaio del 1908 si ammala gravemente. Viene salvato dai Tuareg che, pur in un periodo di carestia, condividono il poco latte di capra che resta loro. Grazie a questa prova, Fratel Charles si rende conto che non è sufficiente restare ai piedi di Gesù: occorre offrirsi a tutti come lui si è offerto. E così l’Hoggar non gli appare più come una terra pagana, ma come una parte del regno di Gesù.

  • Da 1909 al 1913 compie tre viaggi in Francia per presentare il suo progetto di «Unione dei fratelli e delle sorelle del Sacro Cuore».

  • Scoppiata la guerra, nel 1914 ritorna a Tamanrasset. Ma anche il deserto è agitato da ribelli Marocchini e Senussiti libici.

La morte

  • Per proteggere la gente, viene costruito un fortino. Padre Charles vi si installa da solo, pronto ad accogliere la gente dei dintorni in caso di pericolo. Continua a lavorare sulle poesie e sui proverbi dei Tuareg.

  • Il 1° dicembre 1916, un gruppo di Tuareg si fa aprire la porta con un inganno. Essi lo legano saldamente e iniziano il saccheggio del fortino. Inaspettatamente viene annunciato l’arrivo dei militari. Il ragazzo di quindici anni che sorveglia Fratel Charles, preso dal panico, lascia partire un colpo. La pallottola entra sotto l’orecchio destro e attraversa il cranio. De Foucauld muore all’istante: viene sepolto inginocchiato, come era morto, nel fossato del fortino.

  • In un libretto rinvenutogli addosso nel giorno in cui morì fu trovato scritto: «Mi auguro di vivere come dovessi morire martire oggi”.

La spiritualita’

Charles De Foucauld ha fondato la congregazione dei Piccoli Fratelli. Nei prossimi numeri del bollettino verranno presentate alcune riflessioni e alcune linee della spiritualità dei Piccoli Fratelli. In questi giorni gli schermi televisivi trasmettono le immagini del Grande fratello, di cui non voglio esprimere giudizi. Giocando sulle parole, si può capire ciò che è “piccolo” e ciò che è “grande”.

I Piccoli fratelli = PERMANENTI IN PREGHIERA

Chiamati dal Cristo abbiamo scelto di condurre, come Fratel Carlo, una vita totalmente e continuamente presente nello stesso tempo a Dio, in una preghiera di adorazione e di riparazione per il mondo, ed agli uomini in vera povertà e carità. La completa realizzazione di questo ideale é difficile, non si può dubitarne, e richiederà da noi uno sforzo di fede e di distacco da noi stessi, continuamente rinnovato e perseguito senza soste sino alla morte.

Vi ho già parlato dello spirito di immolazione nel quale dobbiamo presentarci al Cristo, per essere con lui “riscatto per la moltitudine “, perché mi pareva fosse la disposizione interiore che dava la sua ragione d’essere allo stato di vita scelto da noi. Bisogna parlare ora del modo di realizzarlo.

  • Ogni uomo è naturalmente e totalmente presente alla realtà del mondo visibile in mezzo al quale vive ed al quale aderisce con tutti i sensi. Il cristiano, ed a titolo particolare il contemplativo, deve inoltre essere presente alla realtà invisibile. Caratteristica dell’uomo di preghiera è l’esser presente a tutto l’universo, quello delle cose visibili ch’egli raggiunge con i sensi, e quello delle cose invisibili che tocca mediante la fede. Queste ultime devono essergli tanto più presenti in quanto sono più reali, nel pieno senso del termine. Il Certosino, la Carmelitana si separano dal mondo visibile per meglio cogliere la realtà del mondo invisibile.

La nostra vocazione è di essere simultaneamente presenti all’una ed all’altra; noi abbiamo la missione di vivere in contatto con gli esseri e le cose sensibili, senza che la nostra visione del mondo invisibile ne sia turbata. Con tutta la nostra fede portiamo in noi questo contatto vivente con Dio, il Cristo, e tutti gli esseri spirituali infinitamente più veri e più reali del mondo dei corpi. Questa dualità di vita e di prospettive tormenta l’uomo di fede e ne fa in un certo modo un estraneo in mezzo ai suoi fratelli, i quali non portano dentro di sé questa visione di un altro universo.

Questa sensazione l’avete avuta e la avrete in modo acuto. In mezzo agli uomini, qualunque siano, arabi, cabili, compagni di lavoro o passanti, vi sentirete nello stesso tempo molto vicini e molto lontani, e questa sensazione sarà, certi giorni, abbastanza forte da divenire dolorosa. Sarà come un senso di solitudine, d’impotenza a comunicare ai vostri compagni questa visione che il vostro amore vi fa tuttavia desiderare di ottener loro. Avrete un bel fare, non potrete mai essere completamente uno di loro; ci sarà sempre in voi questa presenza ad un’altra realtà che trasparirà e vi tenderà misteriosi ed incomprensibili agli occhi di coloro che non credono.

Il Cristo fu così tra gli uomini, nello stesso tempo totalmente presente e misteriosamente assente, con un senso di solitudine infinitamente più doloroso e profondo di quanto voi possiate provare. Maria risentì brutalmente, di fronte al suo figliolo di dodici anni, il colpo di questa lontana assenza il giorno in cui egli le sfugge per restare nel tempio. Sarebbe grave errore il voler sopprimere in noi questa sensazione e le conseguenze esterne che essa porta; il giorno in cui non fossimo più per gli uomini, in certo modo, un punto interrogativo, potremmo dirci di aver cessato di portare tra loro la presenza del Grande Invisibile. Non saremmo più per loro i testimoni della vita e della luce.

Ma non temete: se in noi vi è una pienezza di vero amore per essi, per ognuno di essi, i nostri fratelli quasi loro malgrado, ameranno il mistero che, senza conoscerlo, indovinano essere in noi la sorgente stessa di questo amore che li raggiunge e li avvicina. Si tratta dunque di realizzare in noi questa totale presenza al mondo invisibile. È questa l’opera della fede che sarà sviluppata al punto da divenire abitualmente attiva nella nostra vita e sarà in noi un occhio sempre aperto sulle cose divine e pronto a riceverne le illuminazioni interiori. Questa visione di fede trova la sua sorgente e la sua espressione nella preghiera.

  • Un Piccolo Fratello deve essere un “permanente in preghiera“. Mi sembra che questo termine caratterizzi perfettamente quello che deve essere il vostro atteggiamento interiore di fronte a Dio ed agli uomini, ed esprima esattamente la vostra vocazione alla preghiera con le sue caratteristiche. Un permanente è, prima di tutto, un uomo che è stato reso disponibile per un compito specializzato al quale deve consacrare una parte del suo tempo, in vista del bene comune di tutti: analogamente, il Piccolo Fratello deve essere in stato interiore costante di disponibilità per la preghiera.

Un permanente, come lo indica il termine stesso, deve anche assicurare una permanenza, ciò che suppone una certa continuità nella presenza: così il Piccolo Fratello deve essere presente a Dio ed al Cristo in modo permanente, attraverso lo stato di preghiera che tende a stabilirsi in lui. Infine un permanente è sempre un delegato dei suoi compagni; e deve conservarne il senso, se vuol lavorare, in spirito di servizio, ad eseguire perfettamente il mandato che gli è stato affidato. E’ esattamente lo stesso per il Piccolo Fratello sul piano delle responsabilità spirituali che egli, in virtù dell’unità del corpo mistico di Cristo, si assume e che fanno di lui, alla lettera, un delegato alla preghiera dai suoi fratelli: egli deve conservare in sé ben vivo il senso di questa delega. (Prima parte)

Dal testo “COME LORO" di René Voillaume

Preghiera di abbandono

Padre mio, io mi abbandono a Te, fa’ di me ciò che Ti piace, qualsiasi cosa Tu faccia di me, io Ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, perchè la Tua volontà sia fatta in me e in tutte le Tue creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle Tue mani, Te la dono,mio Dio, con tutto l’ amore del mio cuore, perchè Ti amo ed è per me una necessità di amore donarmi e rimettermi nelle Tue mani, senza misura, con infinita fiducia, perché Tu mi sei Padre.

Amen.